Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

Sve o prugama uskog koloseka u Hrvatskoj
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Marjan Kralj piše:
Veliki ovinek pri postaji - Žavlje. V ozadju izliv reke Glinščice.
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Marjan Kralj piše: Pred železniško postajo - Škedenj.
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Jaguar
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Marjan Kralj piše:
Pred železniško postajo - Škofije.
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Prilog 1
Marjan Kralj piše:
Predor "Šalet" na izolski strani (Pri "kurji farmi")


Prilog 2
Marjan Kralj piše:
Predor "Šalet" na strunjanski strani.
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Legendarni Hvaranin Lorenzo Vitelleschi je na karti Sečoveljske soline iz 1807. godine, sve precizno ucrtao te je označio nazive pripadajućih toponima i hidronima

Jaguar piše:

Na karti iz 1847. kanala nema, a na karti iz 1900. ga ima. Dakle, kanal Sv. Odorika je prokopala Austrija u drugoj polovini XIX. st. Ali kad?

PRILOG 1

Carta topografica della Valle delle Saline di Sicciole nel Dipartimento dell'Istria, rilevata dall'Ingegner Lorenzo Vitelleschi l'anno 1807


PRILOG 2

Detalj karte sa mostom preko rijeke Dragonje (u Sečovlju) i sa mostom preko potoka "Libatore".

Upisan je toponim "Prato di S. Odorico" (prato = velika prirodna travnata površina)


PRILOG 3


Detalj karte sa mostom preko potoka "Libatore". Kanal "Sv. Odorika", zapravo, jest produbljeno i prošireno korito prirodnog potoka "Libatore".
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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PRILOG 1

Detalj karte, na kojem je Hvaranin Lorenzo Vitelleschi je upisao naziv potoka Libatore. Vidi se da piše: "Libator"), ali ...


PRILOG 2

... karta je bila ispravljena, pa je umetak prekrio veći dio slova "e", pa zato izgleda, kao da piše: "Libator"


PRILOG 3

Značenje pojma "libatore"
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Jaguar
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Nije Vam "mrtvilo" na forumu vezano za Motovunčevu knjigu. Ovo je treća tema po broju stranica i po broju postova, na cijelom podforumu o uskotračncama, ali je jako malo "forumaša" konta temu.
železocestnik piše:
Bez informacija iz Rosellijevih knjiga, ova tema bila bi ... mrtva.
Motovunac Giulio Roselli, ovako je pisao o "njegovoj" Motovunskoj šumi
Giulio Roselli piše:
Panorama dalle mura del castello di Montana: il bosco di Montona visto dal Toresìn; al centro lo stradone che attraversa il bosco e porta a Levade, il cui quadrivio consentiva di dirigersi verso Buie a sinistra, verso Pòrtole al centro e verso Pinguente a destra; alla destra dello stradone è visibile il ponte-canale dell'Acquedotto Istriano costruito nel 1936 immagine d'un mondo immobile nel tempo, come ancora intatto è il volto dell'Istria Il bosco di Montona, visto dal Ponte Grande con lo stradone Levade-Montona, il rilevato della ferrovia Trieste-Parenzo sul quale sta transitando un convoglio per Levade; nello sfondo il colle di Montona, un simbolo dell'Istria antica Ferrovia Trieste-Parenzo Stazione di Levade (1930) Il bosco lambisce la stazione Nello sfondo il colle di Montona che richiama al ricordo l'Istria che amiamo con intensità Al tempo della mia grave malattia, quando il cuore logorato dagli anni e dalle avversità non aveva più resistito e s'era spezzato e la vita sembrava fuggire giorno per giorno come l'acqua dalla coppa delle mani, un amico venne a trovarmi e mi portò una mappa ingiallita. Era una carta del bosco di Montona di quasi cento anni prima, .compilata con la meticolosa precisione dalla imperiale e regia amministrazione forestale che Giuseppe Ressel, l'inventore dell'elica, aveva impiantato in quella cittadina. Mentre la osservavo e scorrevo i nomi familiari delle località segnate, nel mio pensiero che già sembrava librarsi negli spazi irreali dove confluivano nitidi i ricordi dalla prima infanzia, mi rivedevo bambino vicino al severo edificio dell'amministrazione forestale, già convento dei frati Serviti, dominato dall'aguzza cuspide del campanile della attigua chiesa che noi chiamavamo dei Servi, ove si aggirava una bimbetta dalle lunghe trecce bionde — la figlia dell'amministratore austriaco — improvvisamente scomparsa col padre nel novembre 1918 poco prima del festoso ingresso a Montana delle truppe italiane. Oppure mi vedevo ragazzino con mia madre e qualche altra persona adulta mentre percorrevamo lo stradone per Levade bianco di polvere nel verde intenso della foresta che lo cingeva ai fianchi, interrotto .dai due ponti di legno ,(11 ponte piccolo e il ponte di mezzo) oltre le cui fiancate si scorgeva l'acqua limpida dei due rivi e dal poderoso ponte grande sotto il quale fluivano lente le acque verde-azzurro del fiume maggiore, il Quieto. Oltre il ponte c'era la sbarra presso la quale due gendarmi con l'elmo a chiodo esaminavano attentamente una carta che mia madre aveva esibito. Più avanti c'era il quadrivio di Levade con la stazione della ferrovia e diverse case alcune lunghe e basse, altre grandi e belle. Ma prima di giungervi noi piegavamo a sinistra per una stradetta che portava nel bosco dove c'era una vasta radura sulla riva del fiume, il porto, occupata da lunghe cataste di legna da ardere. Al porto non approdavano più le barche a caricare la legna ma vi giungevano solamente i carri trainati da buoi giganteschi o da pazienti asinelli. Nel mezzo della spianata sorgeva la casa di legno del guardiaboschi al quale si dovevano consegnare i buoni per il ritiro della legna che veniva misurata a «passi». La casa era sollevata dal suolo e poggiava su due muri di pietrame perché non venisse raggiunta dall'acqua quando le grandi piogge primaverili e autunnali facevano straripare il fiume e tutta la valle sembrava un lago. L'acqua allora era tanto alta che sommergeva anche la strada e si doveva camminare sul rilevato della ferrovia. Una volta la «montana» —così era chiamata d'acqua alta — s'era portata via la casetta di legno lasciando solo i due muretti di pietra e il guardia-boschi aveva dovuto trasferirsi nella casa forestale dei Zubini, sui monti di Pòrtole. Il grande bosco mi aveva affascinato fin da allora. Poi appresi che esso, pur chiamandosi bosco di Montana, non era di Montana ma dello Stato e non riuscivo a capire perché. Lo appresi più tardi. Ora che mani miracolose di abili chinu-ghi hanno ricostruito il mio cuore restituendomi alla vita e ai miei studi prediletti voglio raccontare la storia del grande bosco. All'atto della dedizione di Montona a Venezia (1278) il Comune conservava la proprietà dei terreni nella valle del Quieto e quindi anche del suo bosco che aveva riacquistato, unitamente alla raggiunta autonomia, in seguito all'eliminazione delle giurisdizioni baronali, perché la dedizione era avvenuta alla condizione di conservare le proprie leggi e il proprio patrimonio. La proprietà del bosco scaturisce da un atto del Comune di Montana lel 15 febbraio 1304 con il quale veniva vietato agli abitanti di Pinguente di danneggiare il bosco e si delineavano chiaramente i confini che delimitavano il territorio della valle del Quieto, proprietà del Comune. I Montonesi avevano sempre tagliato, lavorato e cacciato nel bosco per conto del Comune. Dai maggiori alberi tagliati venivano ricavati travi e tavoloni, dai minori travicelli e remi che trasportati al mare sul fiume erano poi venduti ai Veneziani. Ulteriori documenti che comprovavano la proprietà del Comune di Montana sul bosco della valle sono del 1334, del 1367 e del 1541. Ma già dalla fine della guerra di Chioggia (1381) Venezia, con uno di quegli atti di imperio caratteristici dei regimi dispotici, aveva cominciato a mettere le mani sul bosco di Montona — come sugli altri boschi dell'Istria — limitandone il libero diritto di taglio onde sopperire al gran bisogno che aveva di legnami per il considerevole aumento del naviglio sia da guerra che commerciale. Nella seconda metà del XV secolo (nel 1452, 1468, 1470 e 1475) venivano emanati particolari ordinamenti forestali in base ai quali tutti i boschi comunali e la maggior parte di quelli privati dell'Istria erano dichiarati beni nazionali inalienabili ed intangibili, anteponendo così brutalmente gli interessi dello Stato veneziano a quelli delle città dell'Istria che a Venezia si erano date fidando nella libertà e nel diritto, fiducia purtroppo male ripagata. ,Contemporaneamente veniva istituita una speciale sovraintendenza alla valle con l'incarico di amministrare i boschi e di provvedere all'economia forestale in genere, ma con il compito specifico di provvedere affinché le piante maggiormente cresciute servissero esclusivamente per la costruzione navale e a tale fine venissero contraddistinte dalla bollatura o martellatura. Per poter meglio espletare i suoi compiti essa provVide alla compilazione di un catasto dei boschi comunali e privati e alla loro sorveglianza mediante ispettori e guardiani. Venne pertanto proibito anche ai Montonesi sia il taglio libero che quello per le proprie costruzioni minacciando pene severissime ai trasgressori e violando in tal modo apertamente i diritti della comunità. Il consiglio comunale di Montana espresse ripetutamente le proprie rima stranze ottenendo nel 1520 che tre porzioni del bosco rimanessero fuori dalla sorveglianza di Venezia e fossero concesse in libero godimento della popolazione, concessione riconfermata nel 1540 e ancora nel 1566 quando venne eseguita la confinazione del bosco, meno le tre porzioni già ricordate, mediante la collocazione di 356 cippi di pietra contrassegnati dal numero progessivo e dalla sigla C. X. Ma, in contrasto con gli impegni assunti, nel 1593 vennero incluse nei limiti del bosco sottoposto alla diretta giurisdizione veneziana pure le tre porzioni libere, nonostante l'animosa opposizione della cemunirà montonese, i cui capi vennero minacciati di carcere fino a tre anni. Tuttavia le pur rigorose misure per la tutela del bosco vennero mitigate mediante la concessione alla popolazione di potersi rifornire di degna da ardere e, in piccola misura, di legname da costruzione per le proprie necessità. L'alternarsi di lagnanze dei Montonesi per sopravvenute restrizioni in seguito a personali interpretazioni di alcuni deputati alla valle delle disposizioni del senato veneziano e di concessioni al taglio di legna da fuoco e di legname minuto non riservato all'arsenale di Venezia durò fino alla caduta della Repubblica. Ed è tuttavia proprio del 1795 un atto del comitato di saluce pubblica il quale, in nome della municipalità provvisoria di Venezia, riconosce ancora una volta a Montona il diritto di proprietà sul bosco della valle. Nel 1803 un manifesto della deputazione criminale del regio bosco, protestando contro gli arbitri che le popolazioni dei Comuni contermini commettevano nella valle, faceva eccezione per «ali abitanti soli di Montana, che sono in esercizio dell'uso di servirsi di legna da fuoco per regio ex veneto indulto, sempre però con quelle misure, discipline e forme che la legislazione ex veneta ha statoilite». Dopo la caduta della Repubblica di Venezia il bosco di Montana venne considerato proprietà dello Stato sia sotto il primo governo austriaco fino al 1806, sia dai Francesi del governo italico dal 1806 al 1810 e di quello dell'impero francese fino al 1813, come ancora dal subentrante governo austriaco dopo la restaurazione. Il Comune di Montana nel 1845 intentò una causa contro l'erario austriaco per il riconoscimento del suo diritto di proprie tà. La lite si trascinò a lungo anche con il sostegno del procuratore Pietro Kandler che nel 1853 presentò un lungo esposto nel quale con l'aiuto di adeguati ragguagli storici metteva in evidenza i diritti del Comune sulla proprietà del bosco. Ma il governo austriaco, forte della restrittiva regolamentazione veneziana, non recedette dalla sua determinazione di considerarlo demanio dello Stato. Nel 1860 si giunse ad una transazione in base alla quale il Comune di Montana rinunciava al suo diritto di proprietà sul bosco in favore dello Stato, mentre una parte dello stesso, pari a 297 jùgeri (circa 171 ettari) veniva riconosciuta dallo Stato come proprietà del Comune di Montona a tacitazione di ogni suo diritto sull'intera foresta. Sembrò una vittoria del Comune, un arricchimento del suo patrimonio immobiliare. Ma in realtà non fu così. Pochi anni dopo, nel 1872, essendo prevalsa tra i cittadini la tesi dalla spartizione, il residuo di bosco comunale venne suddiviso in 242 particelle del valore di 800 fiorini ciascuna, assegnate ad altrettanti aventi diritto, ognuno dei quali si impegnava a versare al Comune un capitale di fiorini 141,50 entro il termine di venti anni. Più tardi non furono pochi coloro che si rammaricarono di quella decisione e che sostennero la tesi che meglio avrebbe fatto il Comune di Montona a non rinunciare ai pt-opti diritti storici sulla grande foresta e a conservare almeno i diritti di servitù dai quali la classe agricola avrebbe potuto continuare a trarre un cospicuo aiuto per il proprio sostentamento. In pochi anni la maggior parte degli assegnatari, pressati dalle necessità, furono costretti a vendere le proprie particelle, rimanendo rapidamente privi del danaro e del bosco, finito nelle mani di pochi approfittatoti che lo ridussero a prato, poi concesso a mezzadria. La superficie del bosco di Montona era di circa 1297 ettari con una vegetazione dell'89% di querce e dell'11 % di olmi e frassini. Il taglio era previsto a rotazione ogni 100 anni, durata nella quale le piante raggiungevano il diametro di 70 centimetri e altezze dà 16 a 18 metri. Il bosco era attraversato dalla sola carrozzabile Montona-Levade, al cui lato a valle si aggiunse poi il rilevato della ferrovia Trieste-Parenzo. Nel suo interno correvano 27 chilometri di strade di servizio. Per evitare i danni degli allagamenti il governo veneto aveva fatto scavare 85 chilometri di canali principali (mlache) e 38 chilometri di canali minori (curioti). La produzione annua media era di 3.000 metri cubi (il 48 % legname da costruzione e il 52% di legna da fuoco) che lungo il Quieto venivano trasportati al caricatore della valle di Torre e poi via mare a Venezia. Il governo austriaco aveva continuato il sistema della bollatura degli alberi più adatti alle costruzioni navali, più grandi o cresciuti con particolari curvature, anche forzate. Nel 1820 le piante bollate e quindi a disposizione della marina erano più di centomila. Durante l'amministrazione austriaca era stata mantenuta la denominazione «bosco di Montona», mentre invece quella italiana intorno al 1930 parve voler aggiungere al danno anche le beffe mutandone senza ragione il nome in «foresta demaniale S. Marco», quasi a voler perpetuare nel ricordo dei Montonesi il sopruso che li aveva privati della loro maggiore fonte di reddito.
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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Centar esencialnog sektora - "biser svih bisera"
železocestnik piše:
Roselli je zapisao:
Motovunac je ovako opisao svoj rodni grad:
Giulio Roselli piše: Una segnalazione comparsa sul Gazzettino di Venezia nell'ottobre 1978 informava che nell'estate precedente, in occasione del 35° anniversario dell'annessione della nostra regione alla Iugoslavia, era stata presentata a «Motovun, cittadina medioevale dell'Istria», una cartella di serografie eseguite in collaborazione da artisti di diverse nazioni, fra i quali tre italiani: uno di Padova e due di Venezia. La notizia aveva attirato la mia attenzione per due motivi. Il primo esprimeva l'amara constatazione che al signor Paolo Cardazzo autore della segnalazione in argomento nonché ai redattori di quel noto quotidiano era sfuggito Q) il fatto che la citata località di Motovun altro non era che la cittadina di Montona il cui nome era stato per cinque secoli profondamente legato a Venezia, alla storia e alla marina della Serenissima. Nulla ci sarebbe stato da obiettare se quella segnalazione fosse stata pubblicata su un giornale jugoslavo. Ma l'impiego del nome slavo della nostra cittadina istriana sul quotidiano di Venezia lascia fortemente dubitare per lo meno della sensibilità di chi l'ha impiegato. Il secondo motivo era invece di carattere completamente opposto. Non potevo non apprezzare la definizione del mio paese «cittadina medioevale dell'Istria». Perché è proprio vero che Montona, nella sua caratteristica impostazione geografica, rappresenta uno dei più classici esempi di struttura medioevale atta alla difesa dalle aggressioni esterne. E' strano come noi che vi siamo nati e vi abbiamo trascorso una buona parte della nostra vita non ci avessimo mai pensato prima. Forse perché la vedevamo con gli occhi di sem. pre. Ma proviamo ad osservarla come chi l'ha potuta vedere dal cielo e vi scorgeremo facilmente le sue caratteristiche di caste]. liere prima e di borgo murato poi. La prima cinta muraria ancora intatta, anche se da quasi due secoli privata della merlatura, racchiude le due piazze, il duomo con la torre campanaria merlata, i palazzi che osnitavano gli uffici comunali, giudiziari e finanziari, le scuole. E se accanto alla mole del palazzo Polesini e alcune superstiti case di abitazione ora predominano ampi spazi vuoti in parte trasformati in orti, si deve pensare che essi erano un tempo da decine di case, parte delle quali, dopo la caduta di Venezia, erano rimaste vuote e poi col tempo erano cadute in rovina. Ricordo tuttavia che al tempo della mia prima fanciullezza parecchie di esse erano ancora abitate. In neimo piano, sul pendio della collina, il «borgo interno» con la chiesa di S. Cipriano e poi quello «esterno» fino alla chiesa della Madonna delle Porte con le file ininterrotte di case sui due lati fino alla via Favorita che va a chiudere il cerchio in basso sulla destra. Al centro, sotto le mura della prima cerchia si possono ancora notare i contrafforti e gli avanzi di torri. Sotto di esse si estende il «barbacan» alberato ma ora quasi privo di case. Nello sfondo in alto il «gradisiol» con l'antistante «fossal» e la chiesa dei Servi. Non sono compresi nell'inquadratura il cocuzzolo di 8. Margherita con l'omonimo cimitero costruito inizialmente a gradoni, poi abbandonati. Mancano dalla pur bella veduta aerea i due «Riaiti, vecchio e nuovo», che 'si stendono più in basso, e la strada che porta alla località di «Laco» e da qui alla «stazione». Salendo la ripida strada del Rialto una callesella sulla sinistra porta dietro le mura della terza cerchia dove presso gli orti Vesnaver erano ancora visibili tracce della cerchia muraria e i resti di un torrione. Poi subito dopo la chiesa della Madonna delle Porte spicca quel tratto di mura, sempre nella terza cerchia, che andava ad innestarsi alla seconda cerchia presso il torrione del barbacan. La porta ogivale della Madonna (da qualcuno denominata anche «Porta Piccola») introduce nel borgo esterno che in forte salita contorna gli orti sotto il barbacan e attraverso la porta. di S. Cipriano, da tempo scomparsa, immette nel «borgo interno» all'inizio del barbacan presso la chiesetta di S. Cipria-no. Lungo il borgo, a destra e a sinistra, numerosi passaggi a volto o scoperti conducono attraverso meandri di calli e piazzette alle molte case sorte fra le diverse cerchie di mura. Al termine della salita si sbocca sulla «piazza di sotto» presso la loggia, mentre mediante una scalinata sulla destra si raggiunge la porta, pure ogivale, di ingresso al castello. Salendo invece per la strada carrozzabile che contorna il colle in senso antiorario, si incontra dapprima il sito ove sorgeva, la porta che dal fossal immetteva nel gradisiol, che era il nome della strada principale, divenuta poi una via, di accesso al castello. Più avanti, a sinistra, la «portizza» o «pusterla» che consentiva un ulteriore passaggio verso il fossal, cui seguiva un passaggio verso il barbacan e quindi il «torrione delle porte nuove» oltre il quale si giungeva nella parte opposta della piazza de soto. Alla sinistra la porta che conduce al barbacan e l'ingresso degli uffici comunali con l'artistico architrave ornato di stemmi e recante la scritta «Cancellaeria Comunis» e il millesimo MDLXXXIII. Attraversando la piazza si raggiunge sulla destra la loggia comunale sorretta da eleganti colonne stemmate, mentre una rampa sulla sinistra consente ai veicoli di immettersi attraverso la porta ogivale nel «volto» che dà accesso al castello e le cui due aperture sboccano nella piazza del duomo o «piazza de sora». Sulla torre campanaria, sugli edifici che cingono le piazze e sulle mura abbondano sculture in pietra di leoni veneti, di stemmi di podestà e di famiglie patrizie e numerose lapidi con iscrizioni varie che ricordano avvenimenti che avevano interessato la comunità, anche se talune di esse sono state asportate o distrutte dai nuovi dominatori. Giova a tal punto ricordare che mai prima alcuna delle dominazioni che erano succedute nei tempi al libero Comune di Montona (Veneziani, Austriaci, Francesi, Italiani) aveva commesso alcuna azione di danneggiamento nei riguardi delle lapidi che ricordavano l'illustre passato della cittadina. Attualmente gli Jugoslavi stanno portando avanti l'operazione di abbatti. mento degli intonaci esterni degli edifici che sorgono attorno alle due piazze del castello ottenendo il risultato, indubbiamente molto apprezzabile, di mettere maggiormente in risalto la struttura medioevale degli stessi e le funzioni cui essi erano destinati. 
[/quote]
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Povijesni Motovun
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Srednjovjekovni grad
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Biser svih bisera
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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železocestnik piše: Jaguar uporno tvrdi, da fotografija preiskusnog vlaka kod otvorenja pruge snimljena u stajalištu Semedela in ne na prugi nekdje oko Žusterne.
Taj vlak je snimljen u Semedeli, oko sto metara WNW od početka dugog nasipa, kojim su povezani Semedella i Capodistria (Koper).

železocestnik piše:
Ako je komu dovoljno informacija sve je u redu. Ali ne za mene.
U prilozima su Vam još neke informacije, koje ne možete naći u katastarskim planovima.
Prilozi
IDENTICNO.Semedella.jpg
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IDENTICN0.Semedella.jpg
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Jaguar
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Re: Trieste S. Andrea - Koper (Capodistria) - Poreč (Parenzo)

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železocestnik piše:
Dobro, provjerit ću u katastru iz 1902. godine.
Ja sam tehničar, pa u stvari sve oko nas je tehnika. I zgrade i putevi i ....željeznice.

Javit ću se tek tada, kada ću to uradit.

Ako već idete u Koper i Piran da pogledate katastrske planove, možete li vidjeti još neke detalje:

- vrhovi brda, s obje strane pozadine mostova Rižana i Ospo
- duljinu željezničkih mostova u Sečovlju (Dragonja) i preko kanala Sv. Odorika ("Libatore")?
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